Quando, in qualità di formatrice, ho guidato il consiglio di classe di un istituto comprensivo nella progettazione e attuazione dell’Unità di Apprendimento “Viaggio intorno al mondo”, ho sentito subito la responsabilità di legare in modo organico la solida base teorica della didattica per aree disciplinari con un percorso concreto, vissuto da docenti e studenti insieme.
Fin dall’inizio abbiamo voluto che questo progetto non restasse un semplice contenitore di attività: volevo che fosse la perfetta applicazione dello “sfondo integratore” teorizzato da Canevaro e Zanelli, in cui ogni studente si muove come protagonista all’interno di una narrazione condivisa, capace di sostenere l’acquisizione autonoma di strategie di apprendimento.
Operando come un consiglio di classe, abbiamo scelto la cornice del viaggio immaginario perché sapevamo quanto potesse attivare curiosità e motivazione: ogni gruppo di ragazzi è stato invitato a interpretare il ruolo di giovani esploratori, incaricati di documentare in un diario collettivo le meraviglie e le complessità dei continenti. Così, sin dalla fase di ideazione, abbiamo fatto leva sui principi dell’apprendimento cooperativo, affinché emergesse un’autentica interdipendenza positiva: ogni disciplina diventava indispensabile per il successo del progetto e ogni studente portava in dote il valore della propria prospettiva.
Abbiamo inoltre integrato i criteri dell' Universal Design for Learning, definendo percorsi equivalenti in termini di obiettivi ma differenziati per modalità e ritmi, e sperimentato la flipped classroom per spostare la prima fase di fruizione dei contenuti all’esterno dell’aula, lasciando le ore in presenza alla costruzione condivisa dei prodotti.
In sede di progettazione il gruppo ha lavorato in sinergia integrando le discipline nell'ottica di un sapere unitario: l’italiano ha fornito gli strumenti per costruire testi narrativi e lettere di viaggio, la geografia e la storia hanno offerto mappe, coordinate e biografie di esploratori, le scienze hanno portato in classe mini‐serre per osservazioni scientifiche di ecosistemi, la matematica ha trasformato i problemi di distanza e cambio valuta in sfide reali, l’arte e la musica hanno dato voce e colore alle culture studiate, l’inglese ha creato contesti di role play autentici, le scienze motorie hanno fatto sperimentare giochi e danze popolari, e infine IRC ed educazione civica hanno promosso la riflessione sui valori comuni, dando vita a un “mosaico dei valori” collettivo.
Durante lo sviluppo, il consiglio di classe si è riunito periodicamente per condividere osservazioni, affinare le rubriche di valutazione e garantire coerenza tra le tappe: ogni laboratorio diventava occasione per raffinare le competenze metodologiche e relazionali, mentre gli studenti, sempre più consapevoli, utilizzavano strumenti di autovalutazione per riflettere sul proprio percorso.
L’esito finale è stato il “Festival dei Popoli”, una giornata in cui il lavoro di mesi è diventato mostra viva: gli studenti hanno guidato i visitatori tra pannelli, performance e installazioni, dimostrando di aver interiorizzato non solo conoscenze, ma anche capacità di pianificazione, problem solving e collaborazione.
Permettere a un consiglio di classe di sposare un progetto così articolato è stato per me la conferma che la didattica per aree disciplinari, radicata in solide teorie pedagogiche e accompagnata da metodologie attive, può trasformare la scuola in un laboratorio di esperienze condivise e significative.
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