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domenica 23 marzo 2025

Esperienza, concretezza e strategie efficaci per una formazione di qualità

Negli ultimi mesi il reclutamento dei formatori per i corsi di aggiornamento dei docenti è stato spesso gestito con criteri poco chiari e, in alcuni casi, inadeguati. L'emergenza di dover organizzare rapidamente percorsi formativi ha portato a selezioni frettolose, in cui si è accettato praticamente chiunque si proponesse, senza una reale valutazione delle competenze specifiche. L'esperienza dei corsi di formazione, specialmente del  DM66, lo ha reso evidente: troppi formatori con tanti titoli ma poca esperienza vera in aula, con troppa teoria e poca pratica, troppi docenti universitari distanti dal lavoro quotidiano nelle scuole. E il risultato? Corsi che non rispondono ai bisogni reali dei docenti, che faticano a trovare soluzioni applicabili nella quotidianità delle loro classi. La formazione ha bisogno di professionisti con esperienza diretta nella didattica e una profonda comprensione delle sfide quotidiane degli insegnanti.

Se un formatore non ha mai dovuto gestire una classe difficile, convincere un ragazzo svogliato a partecipare o rimodulare una lezione in corsa per catturare l'attenzione, difficilmente potrà offrire un supporto utile e concreto. Ho visto corsi in cui il formatore universitario spiegava metodologie attive a docenti di scuola primaria senza mai aver messo piede in una classe a scuola, men che meno di bambini piccoli. I partecipanti, abituati a lezioni da gestire in spazi ridotti e con risorse limitate, ascoltavano con crescente frustrazione teorie scollegate dalla realtà. In un altro caso un formatore senza esperienza pratica proponeva l'uso di numerose app digitali senza considerare che la sfida non è introdurre nuovi strumenti, ma trasformarli in veri supporti per la didattica. Un formatore esperto sa che il punto non è quale app usare, ma come usarla per sviluppare competenze, promuovere la collaborazione e stimolare il pensiero critico, valutandone opportunità ed efficacia. Se il formatore non ha mai sperimentato questi strumenti con gli studenti, rischia di ridurre la formazione a una lista di applicazioni senza una reale utilità didattica. Il rischio è quello di fornire consigli astratti, lontani dalla pratica, e di perdere il contatto con le vere esigenze degli insegnanti.

Per restituire autorevolezza e credibilità alla formazione, è indispensabile individuare criteri chiari per selezionare chi davvero ha qualcosa di valido da offrire. Ed è proprio qui che bisogna fare attenzione, perché selezionare un formatore non significa solo verificare che abbia titoli o un'immagine ben curata nel network, ma assicurarsi che sia in grado di trasferire competenze in modo concreto ed efficace.

L'esperienza diretta in aula è fondamentale. Un formatore che ha insegnato almeno 5-10 anni conosce i ritmi, le difficoltà e le realtà delle classi di oggi. Ho lavorato con colleghi formatori che sapevano perfettamente come mediare con un gruppo eterogeneo di docenti, adattando il proprio approccio in base al grado scolastico di riferimento. Un docente della scuola dell’infanzia ha esigenze completamente diverse rispetto a un insegnante di scuola secondaria superiore, e un formatore con esperienza lo sa e sa come calibrare le sue proposte. Se invece un formatore si limita a ripetere un modello unico, valido per tutti, la formazione si trasforma in un esercizio sterile.

I titoli devono essere coerenti con l’ambito della formazione. La formazione deve essere pertinente. A che serve una certificazione in inglese C1 per formare docenti sulla didattica digitale? O una laurea in filosofia per insegnare metodologie STEM? È successo che formatori con curriculum accademici impeccabili si siano rivelati inadatti a trasmettere competenze specifiche, semplicemente perché non avevano un’esperienza diretta con l’argomento trattato. I titoli devono essere selezionati con criterio, evitando di dare peso a certificazioni irrilevanti rispetto al tema trattato. Non significa che i titoli non siano importanti, ma devono essere accompagnati da esperienza sul campo.

Le esperienze pratiche e testate sono la vera chiave. Non basta conoscere la teoria: bisogna averla messa in pratica. Ho visto un gruppo di formatori lavorare con successo con docenti di scuola media, mostrando esempi concreti di flipped classroom con ragazzi difficili. Avevano sperimentato direttamente quelle metodologie, affrontando resistenze, adattando le strategie in base al contesto e condividendo soluzioni che funzionavano davvero. Questo approccio ha reso il corso dinamico e utile. Un buon formatore non si limita a suggerire metodologie, ma offre anche modelli di lezione e procedure replicabili in più discipline, adattabili per livello di complessità. Al contrario, quando un formatore propone solo slide e spiegazioni teoriche, senza esempi concreti, perde immediatamente l’attenzione e la fiducia dei corsisti.

Le competenze relazionali e comunicative fanno la differenza. Un formatore deve saper trasmettere concetti, coinvolgere i corsisti, rispondere ai dubbi senza risultare pedante o distante. Ho visto docenti entrare a una formazione prevenuti, spinti dal dirigente e convinti che sarebbe stato l’ennesimo incontro inutile. Un buon formatore, capace di ascoltare e interagire con empatia, riesce a trasformare questa diffidenza in partecipazione attiva. Un formatore poco comunicativo, invece, rischia di perdere completamente il gruppo e di non riuscire a far passare nessun concetto utile.

Una buona prassi per garantire la qualità della formazione sarebbe affiancare un neo-formatore a un docente già esperto. Questo percorso di mentoring potrebbe iniziare con un periodo di osservazione, in cui il nuovo formatore partecipa come uditore a corsi già avviati. In seguito, potrebbe sperimentare sul campo, progettando e conducendo parti della formazione sotto la supervisione di un formatore senior. Questo approccio non solo garantirebbe una maggiore qualità, ma permetterebbe ai nuovi formatori di acquisire esperienza diretta e strategie efficaci prima di condurre corsi in autonomia.

Il miglior modo per verificare le competenze di un formatore è metterle alla prova attraverso un colloquio di selezione basato sul metodo STAR (Situazione, Task, Azione, Risultato). Non basta leggere un curriculum: bisogna verificare la capacità di gestire situazioni complesse. Durante un colloquio ben strutturato, un candidato potrebbe dover raccontare un episodio in cui ha dovuto modificare una lezione in corso per rispondere a un imprevisto. Quali azioni ha intrapreso? Quali risultati ha ottenuto? Questo tipo di domande consente di capire se il formatore ha effettivamente esperienza pratica e capacità di problem solving.

Le candidature devono essere valutate con attenzione, dando peso all’esperienza sul campo. Il colloquio di selezione, basato su domande situazionali e prove pratiche, è indispensabile per verificare le reali competenze del candidato. In alcuni casi, può essere utile un’osservazione sul campo per valutare il formatore in azione. Solo attraverso un processo di selezione rigoroso e criteri oggettivi si può garantire una formazione efficace e di qualità.

Se sei arrivato a leggere fin qui, è possibile che tu sia un docente interessato a svolgere attività di formazione. Se ritieni di avere da dire e da dare esperienza e competenze, contattami privatamente all'indirizzo redazione.academy@gruppolascuola.it 

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