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venerdì 17 gennaio 2025

Non serve essere ovunque: come scegliere i social giusti per valorizzare il ruolo di docente

Torno su un argomento recentemente affrontato. Premetto di essere sempre stata una grande frequentatrice di social e che, in verità, ancora adesso frequento alcuni social, ma ho imparato a scegliere.

Viviamo in un’epoca in cui la narrazione dominante sembra essere: “Se non sei sui social media, sei tagliato fuori”. Questo messaggio viene ripetuto incessantemente non solo nel mondo del business, ma anche in quello educativo. Docenti, formatori e professionisti della scuola vengono spesso incoraggiati a costruire la propria “presenza online” per condividere idee, risorse e riflessioni. Ma la mia esperienza, sia come insegnante che come formatrice, mi ha insegnato che è possibile avere un impatto significativo ricorrendo moderatamente ai social media.

Insegnare è un mestiere di relazioni, non di numeri. La qualità del rapporto che instauro con i miei studenti, i colleghi e i docenti che formo è infinitamente più importante di qualsiasi interazione virtuale. I social media, per loro natura, tendono a semplificare e ridurre le relazioni a un click su “mi piace” o a un commento rapido. Ma le connessioni profonde, quelle che trasformano e ispirano, richiedono tempo, ascolto e presenza reale.

Quando conduco una formazione o una lezione, il mio obiettivo non è collezionare “visualizzazioni” ma suscitare riflessioni, stimolare domande e accompagnare la crescita. Questo tipo di impatto, per quanto meno visibile, è molto più significativo e duraturo.

Senza la pressione di pubblicare costantemente contenuti sui social, ho riscoperto il valore del tempo. Posso dedicarmi alla progettazione di percorsi formativi efficaci, studiare nuove metodologie didattiche e scrivere materiali che abbiano un impatto reale.

Ad esempio, piuttosto che cercare di catturare l’attenzione con un post veloce su una metodologia innovativa, posso approfondire quella metodologia, sperimentarla in classe e condividerne i risultati in contesti più mirati, come workshop o pubblicazioni dedicate.

Non essere sui social non significa rinunciare a condividere le proprie esperienze. Significa farlo in modi diversi, spesso più autentici e meno dispersivi. Comunico con i colleghi e i docenti che formo attraverso canali più diretti, come email, incontri in presenza o webinar strutturati.

Questi strumenti mi permettono di raggiungere persone realmente interessate, eliminando il rumore di fondo tipico delle piattaforme social. In questo modo, non devo preoccuparmi di inseguire l’algoritmo o di competere per l’attenzione in un flusso continuo di contenuti.

Essere docente e formatrice richiede un grande investimento emotivo e mentale. La gestione dei social media aggiunge un ulteriore livello di pressione: pubblicare regolarmente, rispondere ai commenti, tenere il passo con le tendenze. Tutto questo può facilmente portare al burnout.

Ho scelto di concentrarmi su ciò che per me conta davvero: essere una presenza significativa nella vita dei miei studenti e colleghi. Questa scelta mi consente di lavorare a un ritmo sostenibile, preservando energia e creatività per ciò che ha davvero valore.

Nel mondo digitale, il successo viene spesso misurato in termini di numeri: quanti follower hai, quante condivisioni ottieni. Ma questi numeri non sempre si traducono in un reale impatto educativo.

Per me, il successo come docente e formatrice è aiutare gli altri a crescere, ispirare nuove idee e sostenere l’apprendimento continuo. Questo tipo di successo non richiede la conferma di un “mi piace” o di un retweet: lo vedo nei progressi dei miei studenti, nei feedback dei docenti che formo, nelle collaborazioni che nascono spontaneamente.





Non sto suggerendo che tutti debbano abbandonare i social media. Per alcuni colleghi, queste piattaforme possono essere strumenti utili e potenti per condividere e apprendere. Ma credo sia importante sottolineare che non sono indispensabili.

Se senti che i social media sottraggono più di quanto diano, sappi che esistono alternative: costruire relazioni autentiche, approfondire il proprio lavoro, condividere in contesti più mirati. Come docente, ho scelto di focalizzarmi su ciò che conta davvero per il mio lavoro: la relazione educativa, l’innovazione didattica e la crescita personale e professionale di chi incontro nel mio percorso. Per me, è stata una scelta di libertà e di consapevolezza.

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