Il fiorire di MOOC in questi ultimi anni risponde
all’esigenza, da alcuni vituperata e da altri incoraggiata, di introdurre forme
di insegnamento-apprendimento capaci di sfruttare le nuove tecnologie.
Cosa si intende per MOOC?
Sciogliendo l’acronimo, si apprende che si tratta di
Massive Open Online Courses, ovvero corsi (courses) finalizzati alla formazione a
distanza (online), rivolti a un ampio numero di partecipanti (massive), quasi
sempre gratuiti e aperti a una utenza assai diversificata (open). L’acronimo
venne elaborato nel 2008 nell’ambito di un corso, aperto a studenti
dell’Università di Manitoba, ma anche a utenti online, distribuito
gratuitamente e dal titolo “Connectivism and Connective Knowledge”, progettato
da Stephen Downes e George Siemens.
E proprio Stephen Downes operò una distinzione tra cMOOC e xMOOC, riconoscendo nel primo tipo un modello basato su un
apprendimento di tipo collaborativo, a partire da contenuti opportunamente
selezionati e organizzati, nel secondo
tipo un modello improntato al connettivismo (quindi maggiormente teso alla
organizzazione e alla proposizione di contenuti).
Ancora diverso rispetto ai precedenti si presenta un sMOOC, un vero esperimento sociale, in
cui tutti i partecipanti agiscono come docenti e come discenti nella
costruzione di un sapere specifico. In questo caso i docenti progettisti hanno
specialmente il compito di facilitare lo scambio di informazioni, di alimentare
discussione all’interno dei gruppi e nei forum, di motivare, di rendere
esplicito ciò che ancora è implicito, ma l’anima del corso è nel processo
dell’apprendimento almeno quanto nei contenuti da apprendere.
Proprio per questo un ruolo rilevante in un sMOOC hanno la
autovalutazione, che si colloca accanto alla eterovalutazione, il raffronto tra
le valutazioni, la valutazione tra pari.
In un percorso siffatto la valutazione, prima ancora o addirittura più che evidenziare le
mancanze, intende suggerire con fini formativi strategie di recupero e di
riconsiderazione del proprio operato e dei risultati del processo.
Si comprenderà, dunque, quanto possa essere determinante la
fase del controllo e del monitoraggio, che deve accompagnarsi
allo svolgimento del corso e deve tenere conto delle risposte dei corsisti,
eventualmente prevedendo riaggiustamenti e un riorientamento del progetto
iniziale.
Personalmente è da un anno a questa parte che frequento MOOC,
sia perché mi interessa approfondire determinate tematiche disciplinari, sia
perché mi incuriosisce conoscere i nuovi orientamenti della didattica, dal
momento che, pur operando nella scuola, rilevo che proprio nella scuola
determinati ambiti, quali la ricerca didattica, l’interazione, la valutazione
non sono adeguatamente studiati.
Da una mia osservazione risulta che il tasso di abbandoni di
un MOOC da parte di corsisti inizialmente interessati è generalmente piuttosto
alto. Credo che ciò in buona parte sia dovuto al fatto che molti utenti si
avvicinano a queste nuove opportunità di apprendimento per curiosità o senza
selezionare i contenuti che realmente interessino. Un buon numero di utenti porta avanti il
percorso, ma più per accedere a nuove risorse che con l’intenzione di interagire,
magari per mancanza di tempo. Una difficoltà oggettiva è poi rappresentata dal
fatto che molti corsi sono in lingua straniera, specialmente in inglese, per
cui chi non ha familiarità con le lingue straniere trova il compito troppo
impegnativo o improponibile.
Del resto l’esperienza internazionale sembra ancora oggi
produrre i frutti migliori, se non altro più collaudati, di insegnamento-apprendimento
online, anche attraverso la proposta di corsi non solo e non tanto disciplinari
quanto trasversali, quindi di più largo interesse e più spendibili.
Un altro punto debole, a mio parere, di alcuni MOOC sta nel
fatto che non sempre rilasciano una certificazione formale, per restare sul
tema della spendibilità. Se ciò non si
può dire di piattaforme come Cousera o Iversity, è anche vero che è frequente
che le certificazioni non siano considerate titoli validi in ordine al
riconoscimento di un merito. Sono quasi certa che in caso contrario, la frequenza dei corsi verrebbe
incentivata.
Per quanto mi riguarda sono interessata a un discorso sui
modelli di apprendimento, quindi di insegnamento, e adotto nel mio lavoro il
Blended Learning e la Flipped Classroom, che in qualche modo integrano le
lezioni in presenza con le attività online. Nei miei progetti c’è quello di
organizzare e gestire un MOOC.
Claudia de Crescenzo
Claudia de Crescenzo
Nessun commento:
Posta un commento